Preparo i vassoi e smetto di dire bugie

Giovanni Barbieri

di Giovanni Barbieri

È arrivato il momento di smettere di raccontare bugie.
Credo sia il momento di diventare grandi e quindi di assumersi delle responsabilità.

È arrivato il momento di smettere di raccontare bugie.
Credo sia il momento di diventare grandi e quindi di assumersi delle responsabilità.

Al lavoro, ma in generale, ho capito che non è più il momento di cercare di essere accettato dagli altri mentendo, mostrando chi non sono. Non so perché ma mi è capitato tante volte di farmi vedere diverso da quello che sono.
Anzi, se ci penso bene lo so il perché: quando mi faccio vedere esattamente come sono, mi sento fragile. E allora racconto cose non vere per nascondere questa mia parte debole: per fare bella figura mi è capitato di dire, per esempio, di avere una ragazza anche quando non l’ho avuta. Vorrei tanto amare qualcuno ma il fatto di essere single di per sé non è nulla di male; io, invece, a volte l’ho inteso come una debolezza e ho mentito.
La bugia mi fa sentire più grande.
Ma adesso finalmente sto maturando e voglio rompere questo circolo vizioso.

La mia generazione, poi, tramite i social network ha spesso la tendenza a mentire: i social sono un posto dove è facile raccontarsi per quello che non si è.
Ormai vedo bene questi meccanismi, per fortuna.

In tutto questo, mi sta aiutando molto l’esperienza lavorativa – con contratto da tirocinante – al Salotto Regina, noto bar di Viale XX Settembre. Avete presente l’ansia che viene quando inizi un nuovo capitolo della tua vita? Ecco, avrei potuto ricadere nelle mie debolezze e nelle mia bugie ma l’accoglienza di tutti i colleghi mi ha aiutato a superare l’impatto. Pensavo che non sarei stato in grado di fare nulla e invece sto imparando, anche grazie a chi lavora con me: questo mi sta dando fiducia e mi fa stare bene per quello che sono.
Sì, lavorare in un ambiente del genere mi sta facendo crescere, mi sta aiutando a capire cose che prima sbagliavo: e parlo, ad esempio, anche di abitudini alimentari eccessive come il mio vizio delle bevande gassose. Anche i miei difetti caratteriali: è come se a volte rispondesse una parte di me che non riconosco, che non sono io. Ho qualcosa dentro che mi fa irrigidire.
Al lavoro non me lo posso permettere, per rispetto di me stesso ma anche del gruppo e quindi mi miglioro.

Forse queste insicurezze nascono dal fatto che non sono ancora abbastanza coraggioso? Chi lo sa. Quando gioco a basket, il coraggio esce da solo: devo agire e sia lì che nel nuoto mi viene naturale al 100%. Al lavoro è più difficile: che nasca dalla mia timidezza? Dalla mia paura di sbagliare? Sì, probabilmente sì: ho una grossa insicurezza nel parlare con gli altri e in un lavoro a stretto contatto col pubblico questa mia parte esce in maniera forte.
Ma come dicevo, al Salotto non sono solo: Mirko è un capo che si fa voler bene anche se a volte, da buon capo, si arrabbia. Mi ha gratificato perché l’idea di farmi migliorare ed esordire al servizio ai tavoli è sua. Prima o poi lo farò, devo lottare contro la mia paura…
Giorgio è il mio tutor: mi insegna il lavoro nelle sue parti più specifiche: quante prove che mi ha fatto fare all’inizio. Adesso sto nella gestione delle comande e nella preparazione dei vassoi.
Voglio bene sia a Giorgio che Mirko, gli devo molto. E che dire poi degli altri colleghi? All’inizio si preoccupavano fin troppo di me tanto che non riuscivo a capire chi, tra tutti, fosse il mio tutor.

Lavorare in un locale del genere prevede pochi tempi morti: il bar funziona, passano tanti giovani. Non è il posto in cui un dipendente possa riposarsi. Il clima è bellissimo: i clienti vengono da noi soprattutto per le persone che ci lavorano, più che per ogni altro motivo.
E dire che il mio sogno da piccolo era proprio quello di lavorare nella ristorazione: me ne accorsi facendo tante iniziative da organizzatore di eventi assieme alla mia associazione MeteAperte.
Ora ho un sogno ancora più preciso: fare il bartender e specializzarmi sui cocktail.
Piano piano ce la farò.

Riuscire a lavorare al Salotto, con un ruolo vero e importante, mi inorgoglisce: quando mi annunciarono l’assunzione non stavo nella pelle dalla gioia.
Mi fa sentire un uomo migliore agli occhi degli altri. Anche la mia famiglia è molto fiera di me.
Lavoro da un anno al Salotto Regina: spero che sia l’inizio di un lungo percorso. Lavorativo, certo, ma soprattutto un percorso di maturazione della fiducia in me stesso.