di Nicolas Friggieri e Marcello Micheloni

Cercavamo qualcuno che ci prendesse “sul serio” per ragionare di tematiche a noi care e, viste le risposte, abbiamo cercato nel posto giusto chiedendo a Natalino Balasso, attore e autore, libero pensatore.
Natalino, lei dà l’impressione di provare a mantenere una certa coerenza tra ciò che pensa e ciò che porta in scena o scrive. Ci sono stati momenti in cui è rimasto deluso da sé stesso, da questo punto di vista? E invece qual è stato il momento più “coerente” e di cui va più fiero?
Per quanto io pensi che il nostro cervello sia portato a perdonare le nostre cazzate e a condannare quelle degli altri, una coerenza tra l’essere artista e l’essere cittadino di un luogo, anche se non l’hai scelto, è uno dei punti fermi del mio vivere. Ciò che io scrivo vuole essere libero da condizionamenti (anche se sappiamo che è una lotta contro i mulini a vento) perciò mi sono progressivamente allontanato dalle organizzazioni piramidali, producendo da solo il mio teatro e le mie creazioni video. Esistono le strutture e le strutture sono fatte di catene di dominanza e sudditanza e al momento sono ineludibili; quindi è ovvio che se partecipo a un film del cinema sono dentro una struttura e così anche se mi trovo in una produzione teatrale di uno Stabile, ma cerco di dedicare la maggior parte della mia arte a ciò che creo e che interpreto e realizzo personalmente. Chiedo i soldi direttamente al mio pubblico, vivo delle elemosine dei miei sostenitori e ne sono fiero. In ogni caso, mai mi vedrai pubblicizzare un cazzo di formaggino o un alcolico o suggerire di stipulare contratti telefonici e assicurazioni; mai mi vedrai dire alla gente che un detersivo è meglio di un altro; mai mi vedrai imbonire il pubblico con belle parole su una causa che vale un’altra.
Ma la coerenza non fa parte del genere umano: come tutti gli altri, anche io ho una buona dose d’incoerenza e la delusione di sé stessi è un atteggiamento ipocrita: non posso essere deluso della mia imperfezione, non sono io che mi sono creato. La fierezza non è un sentimento che mi appartiene ma racconto sempre l’episodio in cui mi sono consegnato alla polizia di Roma che mi ha tradotto al carcere di Forte Boccea perché sono contrario all’uso personale e organizzato della violenza e non volevo imparare a sparare; allora il servizio militare era obbligatorio. Non è stata una cosa dolorosa, ci sono rimasto solo un paio di settimane, ma avevo solo 23 anni.
In che misura lo stato della comicità di un popolo riflette lo stato del Paese? Che opinione ha dell’Italia del 2025 e della sua scena comico-satirica? C’è qualcosa che la fa ridere per i motivi sbagliati?
Ma tu fai tre domande alla volta! Difficile non essere prolissi. Non credo che la comicità di un popolo rifletta lo stato del Paese perché la comicità è una cosa complessa e riguarda la vita quotidiana. Noi commettiamo l’errore di pensare che la comicità sia quella roba, spesso penosa, che vediamo in televisione e pensiamo che LOL sia la comicità che si fa. Non è così, quelli sono programmi televisivi, c’entrano e non c’entrano con la comicità che è una cosa atavica e deriva dal bisogno umano di ridere. Le misere gag di Instagram, le battutine sul web che non sono altro che la replica informatica delle barzellette che i nostri nonni si raccontavano all’osteria, non sono nulla di nuovo rispetto alle boutade quotidiane per tirarsi su il morale che ogni società e ogni epoca ha conosciuto. Il tema di cui si ride, la raffinatezza o la sguaiatezza con cui si ride dipendono solo dalla cultura che ognuno ha, si ride di ciò che si sa e si fa ridere di ciò che si può. Credo comunque che nella televisione italiana si faccia la comicità che si vede fare nei programmi televisivi americani.
Non capisco bene cosa sia una «scena comico-satirica», quello che oggi chiamiamo satira e che gli antichi chiamavano invettiva, è una delle mille forme possibili della comicità. Non mi piace molto la satira perché è un meccanismo consolatorio: rido perché il comico la pensa come me e mi fa ridere di quelli che mi stanno sul cazzo e siccome io sono vendicativo, mi fa piacere che il comico prenda per il culo quelli che odio. Infine, non credo che esista un motivo giusto o sbagliato per cui ridere, si ride perché se ne ha bisogno, anche ai funerali.
Pensa che i migliori momenti storici di questo paese abbiano avuto panorami comici all’altezza?
Partiamo dall’idea che io trovo deleterio il concetto di nazione, l’orgoglio nazionale mi fa vomitare e credo che la nascita dei gruppi umani organizzati a impadronirsi di un territorio, che si sono formati nel neolitico, siano l’origine delle guerre che ancora oggi conosciamo. Poco m’interessa perciò dei panorami comici (all’altezza di chi, poi!) di questo paese. Ogni paese ha una sua storia che non è migliore o peggiore di quelle degli altri e dipende solo da ciò che i gruppi dominanti del paese hanno deciso. La parola «panorama» significa: «Tutto ciò che l’occhio può vedere» e non possiamo parlare di un panorama comico se non conosciamo (e non la conosciamo) tutta l’enorme mole di comicità che i gruppi umani producono ogni giorno.

Ci fa tre nomi di comici italiani o stranieri che segue con più attenzione e ci dice il perché?
No.
Le chiedo di fare la stessa cosa con filosofi, spiegandone il motivo.
Ma perché bisogna dirne tre? È uscito un decreto in merito? Io posso citare solo i filosofi che leggo e sono pochi. Leggo più volentieri di altri: Slavoj Zizek che è un lucido osservatore del periodo contemporaneo . Trovo che Enri Laborit, che era in realtà un chimico della medicina e un fisico, abbia avuto negli anni 70 delle intuizioni sulla società che hanno superato quelle dei filosofi di allora. Infine «La società dello spettacolo» di Guy Debord, uno dei migliori ubriaconi degli anni ’70, è una vera bibbia della prosopopea del potere che vediamo oggi nei penosi capi di stato che la gente, nella sua infinita coglioneria, ha mandato al potere.
La battuta migliore che ha mai fatto?
Se ti citassi una mia battuta probabilmente sarebbe di un altro. Le battute sono già state dette e fatte tutte nei millenni di storia umana e pensare di avere ideato una battuta originale è, ahimè, una ingenuità infantile. Tuttavia le battute che faccio le ho già dimenticate il giorno dopo, figuriamoci poi se mi metto a fare una classifica delle battute, ma di che cazzo stiamo parlando? La battuta non è importante per la comicità, ci sono anche ottime battute drammatiche. La battuta è come il calcio di rigore e un bravo poeta scriveva: non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore.